Dai molti comandamenti all’amore per Dio e il prossimo
Il vangelo di questa XXX domenica del tempo ordinario (Mt 22,34-40) ci presenta ancora un confronto tra Gesù e i farisei i quali, ora, mettono in campo un dottore della Legge per mettere nuovamente alla prova Gesù. La questione più dibattuta in ambito farisaico riguardava la gerarchia d’importanza tra i 613 comandamenti individuati nella Legge. Pertanto l’esperto della Legge chiede a Gesù “Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?” (v 36). Osserviamo che Gesù viene chiamato “Maestro” vale a dire uno che insegna con autorità e pertanto si vuol vedere se, con la sua risposta, dimostra di essere in linea con l’insegnamento farisaico. E Gesù non si sottrae alla domanda ma risponde in modo inaspettato non citando uno dei comandamenti ma la preghiera di Israele contenuta nel libro del Deuteronomio “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento” (vv 37-38). In tal modo afferma che se occorre stabilire un primato questo spetta solo all’amore verso Dio. La preghiera richiamata da Gesù inizia con un verbo al futuro “Amerai” per indicare che l’amore per Dio è sempre in divenire e crescita, è un cammino continuo. Non illudiamoci di essere degli arrivati nell’amore ma, con molto realismo e molta umiltà, impariamo ad amare il Signore, ogni giorno, sempre di più lasciandoci, prima di tutto, amare da Lui. È davvero sorprendente che Dio ci chieda di amarlo e riconoscerlo come “tuo Dio”, un Dio che ci appartiene; di amarlo con tutto noi stessi cioè totalmente come suggeriscono l’aggettivo “tutto” e i termini “cuore”, “anima” e “mente”. L’amore per Dio non è semplicemente un precetto da osservare o una pratica religiosa ma va ben oltre, implica una relazione e un lasciarsi coinvolgere in un’avventura unica e irripetibile, un donarsi sempre di più senza porre limiti. Solo nell’amore Dio ci incontra e noi possiamo incontrare Dio. E Gesù aggiunge un altro comandamento riferendosi al libro del Levitico “Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso” (v 39). Il Signore lega in maniera indissolubile i due comandamenti, al punto che non può esistere l’amore per Dio senza l’amore per il prossimo. Per prossimo, non si intende solo i membri del popolo di Israele come indicato nel testo del Levitico, ma si include chiunque. Allora l’amore per il prossimo, ogni prossimo, rende vero il nostro amore per Dio. E questo amore per il prossimo richiede una misura che è l’amore per sé stessi. Se uno non ama sé stesso non ama né l’altro né Dio. Ma come faccio ad amare me stesso senza che questo amore si riduca ad amore egoistico? Uno ama sé stesso quando cerca il proprio bene secondo Dio e non il proprio interesse, quando riconosce di essere amato da Dio che sempre cerca il nostro bene e in forza di questo amore possiamo amare i fratelli. Mi amo come Lui mi ha amato e in questa linea amo il mio prossimo. L’amore per sé e per gli altri, allora, non è una bella idea ma è volersi bene, voler bene e volere il bene per sé e per gli altri perché questo fa Dio per ognuno di noi e per tutti noi. E il bene si esprimerà poi in carità e dono, attenzione e disponibilità, vicinanza e solidarietà. Gesù conclude “Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti” (v 40) cioè tutta la Scrittura si fonda sull’amore verso Dio e il prossimo. San Giovanni della Croce era solito dire che al termine della vita saremo giudicati sull’amore. È quanto hanno fatto i santi e le sante che tra poco celebreremo nella Solennità di Ognissanti. È quanto hanno realizzato anche tanti nostri fratelli e sorelle defunti: marito e moglie, genitori e figli, familiari e amici che nella loro vita hanno testimoniato l’amore per Dio e per il prossimo. Che il loro esempio e la loro intercessione ci spronino ad incamminarci, con fede e determinazione, sulla via dell’amore che ci ha insegnato Gesù per arrivare un giorno a contemplare l’Amore che non ha mai fine!