Con Giovanni Battista incontro a Gesù
La terza domenica di Avvento è tradizionalmente chiamata domenica “Gaudete” e tutta la liturgia è un invito alla gioia. Nella prima lettura, il profeta Sofonia in un momento drammatico della vita del suo popolo, quando il dramma dell’esilio si profilava all’orizzonte, invita il resto d’Israele alla gioia: “Rallègrati…grida di gioia…esulta…” (3,14). La lettera di Paolo ai Filippesi, pur non nascondendo le difficoltà che l’Apostolo sperimenta nel suo cammino, è un continuo richiamo alla gioia: “Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti” (4,4). Le parole di Sofonia e di Paolo trovino spazio in questo nostro tempo di attesa del Signore che viene e il Vangelo odierno, che mette sulla scena Giovanni Battista (Lc 3,10-18), ci aiuti a rivedere il nostro cammino di fede. In linea con il messaggio profetico dell’Antico Testamento, Giovanni richiama il popolo alla necessità della conversione e questo richiamo al cambiamento di vita fa sorgere una precisa domanda: “Le folle interrogavano Giovanni, dicendo: Che cosa dobbiamo fare? Rispondeva loro: Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto. Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: Maestro, che cosa dobbiamo fare? Ed egli disse loro: Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato. Lo interrogavano anche alcuni soldati: E noi, che cosa dobbiamo fare? Rispose loro: Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe” (vv 10-14). Quante volte anche noi nella vita ci siamo chiesti “Cosa dobbiamo fare?” e quanto è importante rivolgersi alle persone giuste perché ci aiutino a trovare le risposte che il Signore vuole. E qui Giovanni risponde non imponendo separazioni o fughe dal mondo, non invitando a seguirlo nel deserto ma proponendo alle diverse categorie di persone che lo interpellano comportamenti evangelici concreti. Alle folle raccomanda l’amore fraterno e la condivisione dei beni primari; agli esattori delle tasse raccomanda di essere onesti chiedendo solo quanto è dovuto; ai soldati raccomanda di trattare bene gli altri, di evitare soprusi e di ritenersi soddisfatti della propria retribuzione. Le risposte di Giovanni sono concrete ed equilibrate, sono un richiamo alla solidarietà, alla giustizia e al rispetto. Le richieste non hanno nulla di moraleggiante ma vogliono condurre gli interlocutori a vedere nell’altro una persona in tutta la sua dignità umana, una persona da rispettare, servire e amare. “Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con fuoco inestinguibile” (vv 15-17). Quando Giovanni si accorge che la gente punta su di lui come Messia subito indirizza la loro attenzione su un Altro: il più forte, colui che è degno di essere servito, che battezzerà nello Spirito e nel fuoco e giudicherà per la salvezza o la condanna. Non basta il battesimo nell’acqua di Giovanni: occorre un’immersione nello Spirito Santo che ci inserisce nella vita stessa di Dio e come fuoco brucia ogni male e porta alla salvezza. E poi il giudizio non per incutere paura e terrore ma per renderci responsabili delle nostre scelte e impegnarci in un cammino di conversione. E la conversione inizia con il prendere coscienza di ciò che si è e in quale condizione si è davanti a Dio. “Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo” (v 18. Egli annunciava una buona notizia: viene Gesù, il Cristo, che con il suo Spirito dona all’uomo un cuore nuovo. Ecco il motivo più vero e profondo della nostra gioia: il Padre ci ha donato il suo Figlio Gesù, il Cristo salvatore, che contempliamo nella fede e ci apprestiamo ad accogliere e celebrare nell’evento grande del Santo Natale.