Saper riconoscere Gesù
Il vangelo odierno (Mc 6,1-6) si apre con questa notizia: “Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise ad insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltandolo, rimanevano stupiti” (vv 1-2). Sappiamo sin dall’inizio del Vangelo di Marco (cfr 1, 9; 24) che per patria si intende Nazaret, il paese dove Gesù era cresciuto e aveva vissuto, aveva esercitato la professione di falegname ed era ben conosciuto. L’evangelista qui omette volutamente il nome Nazaret per indicarci che quanto lì accade non è limitato a quel piccolo villaggio ma si allarga a tutto Israele e può valere anche per noi oggi. Gesù è nella sinagoga e, come ogni buon ebreo maschio e maggiorenne, legge la Scrittura e la commenta. Il suo insegnamento è percepito come forte e autorevole, sorprendente e nuovo rispetto a quello proposto dai maestri e scribi di quel tempo. E lo stupore fa nascere degli interrogativi: “Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani?” (v 2). Si tratta di domande che inducono a prendere posizione nei confronti di Gesù, ad accoglierlo o rifiutarlo. E subito si dice “Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi? (v 3). Appare chiaro come chi ascolta assuma di fronte a Gesù una posizione ostile. Nonostante sia grande la sua sapienza e compia prodigi essi, ritenendo di conoscerlo bene per le sue origini e la sua professione, la sua famiglia e parentela, nutrono dei pregiudizi nei suoi confronti e non lo accettano. Non può essere che un inviato di Dio si presenti così e non forte e potente! E scatta il rifiuto della persona di Gesù presente e operante in mezzo a loro. Invece di accoglierlo nel suo rivelarsi diverso rispetto a ciò che conoscono preferiscono rimanere fermi nella conoscenza che hanno di Lui. Non sanno andare oltre quello che sanno di Lui o credono di sapere e in tal modo dimostrano di non conoscerlo affatto. “Ed era per loro motivo di scandalo” (v 3) cioè Gesù in quella sua umanità ordinaria, pur sapiente e operante miracoli, diventava per loro “scandalo”, ostacolo alla fede in Lui e nella sua parola. Come gli abitanti di Nazaret, anche noi spesso abbiamo dei pregiudizi che ci impediscono di vedere la realtà. La grazia di Dio molte volte si presenta in modi sorprendenti che non corrispondono certo alle nostre aspettative. Dio non si conforma ai nostri pregiudizi e dobbiamo aprire il nostro cuore e la nostra mente per accogliere la realtà divina che ci viene incontro. E Gesù commenta: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua” (v 4). Il profeta porta il messaggio di Dio con la sua persona e proprio lì dove è più conosciuto, tra i suoi, non è gradito. Proprio lì arriva il fallimento più grosso: il disprezzo. Gesù diventa una presenza scomoda, da non prendere in considerazione, anzi da disdegnare. E questo ha una significativa conseguenza: “non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì” (v 5). Gesù rispetta le nostre scelte e la nostra libertà e non si impone né con la sua persona e tanto meno con le sue opere se non per quanti l’accolgono. E l’evangelista annota che Gesù: “si meravigliava della loro incredulità” (v 6). L’atteggiamento dei concittadini lascia Gesù sbalordito. La sua sapienza e i miracoli compiuti avrebbero dovuto portare a credere in Lui e non a chiudersi in un’ostinata incredulità e rifiuto. Ci sono una durezza di cuore e ristrettezza della mente che stupiscono il Signore. Chiediamo a Gesù di essere aperti alla sua grazia, alla sua verità e alla sua missione così da non cadere in quella caparbia incredulità per cui il Signore abbia a meravigliarsi di noi. “Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando” (v 6). Nonostante questo atteggiamento degli abitanti di Nazaret, Gesù non si ferma ma continua altrove la sua missione in obbedienza a Dio Padre che lo ha inviato, predicando e operando il bene.