Se vogliamo vedere Gesù contempliamo il mistero pasquale
La V domenica di Quaresima ci avvicina alla settimana santa e fa volgere i nostri sguardi a Gesù che offre la sua vita, come si legge nel vangelo odierno (Gv 12,20-33). Gesù si trova a Gerusalemme per la festa di Pasqua, che sarà la sua Pasqua di morte e risurrezione, e lì sono presenti alcuni Greci. Si tratta certamente di uomini religiosi, attratti dalla fede ebraica, che hanno sentito parlare di Gesù. Essi si avvicinano a Filippo, uno degli apostoli, e gli chiedono: “Vogliamo vedere Gesù” (v 21). Filippo va a dirlo ad Andrea ed entrambi lo riferiscono a Gesù (cfr v 22). Questi greci sicuramente erano curiosi di vedere il Signore, desideravano incontrarlo vista la sua fama. Magari anche noi siamo curiosi e desideriamo vedere Gesù! E Gesù sembra ignorare la loro richiesta e dice:” È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato” (v 23). Il Signore dichiara che il momento supremo della sua missione è arrivato. È un’ora particolare, diversa dalle altre perché è l’ora della sua passione e morte. Un ora non segnata dal trionfo come molti, compresi i suoi apostoli, avrebbero voluto ma un’ora di sconfitta e proprio lì Gesù è glorificato. È paradossale che il momento della croce diventi anche il momento della gloria! L’ affermazione di Gesù, che sembra non avere nulla a che fare con la richiesta presentatagli dagli apostoli, in realtà è un invito a vederlo per ciò che veramente è. Gesù vuole portare quella richiesta di vedere che rischia di essere esteriore e superficiale a un vederlo più in profondità cioè nel suo mistero pasquale. E per questo Gesù presenta un’immagine alquanto emblematica: “In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (v 24). Per essere fecondo il chicco di grano deve essere sepolto nel terreno e lì, lentamente, marcisce e produce vita. Lì dove c’è morte, dove tutto sembra finito perché tutto è stato dato, proprio lì esplode la vita. Così per Gesù: per amore dona tutto se stesso morendo in croce e da quella more risorge donando a tutti la salvezza e la vita nuova che è per sempre. E Gesù ci avverte: “Chi ama la propria vita, la perde, e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna” (v 25). Spesso noi siamo preoccupati di salvare la nostra vita affidandoci soprattutto a sicurezze umane e ci chiudiamo in un mondo egoistico. Certo ciò che permette una vita dignitosa è legittimo ma nella prospettiva di Gesù perdere diventa un guadagno mentre trattenere diventa una perdita. Solo la vita donata per amore di Cristo e dei fratelli non si perde anzi la si possiede, e la si possiede nella misura in cui si dona. E Gesù continua “Se uno mi vuol servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà” (v 26). Servire e seguire: si serve Gesù se lo si segue fin dove è Lui sulla croce dando suprema testimonianza d’amore per Dio e il prossimo. E si cambia prospettiva: solitamente sono i fedeli chiamati ad onorare Dio qui invece, c’è una grande cosa, è Dio che onora chi si mette a servire il Figlio abbracciando come Lui la propria croce. Il pensiero della passione poi provoca in Gesù un forte sgomento: “Adesso l’anima mia è turbata: che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome. Venne allora una voce dal cielo: L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!” (vv 27-28). Queste parole richiamano la scena dell’agonia nel Getsemani dove, seppur angosciato, Gesù è pronto a fare la volontà del Padre. Ed è per questa disponibilità ad arrivare alla croce che Dio riconferma la gloria del Figlio. Il vangelo si conclude: “E io quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (v 32). In questo ultimo periodo quaresimale lasciamoci attrarre da Gesù crocifisso, in silenzio davanti a Lui possiamo vedere il suo grande amore per noi e da Lui imparare a vivere la nostra vita come dono da mettere a suo servizio e a servizio dei fratelli.