Con Giovanni Battista testimoni gioiosi della Luce
La terza domenica di Avvento è caratterizzata da un richiamo particolare alla gioia ed è tradizionalmente chiamata “domenica Gaudete” in riferimento a parole di San Paolo nella seconda lettura “Fratelli, siate sempre lieti” (1Ts 5,16) e al profeta Isaia nella prima lettura “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio” (Is 61,10). Questo invito alla gioia si fonda sull’imminenza del Natale di Gesù che l’odierno Vangelo (Gv 1,6-8.19-28) ci richiama presentando ancora la figura del Battista ma nella prospettiva dell’evangelista Giovanni. I primi tre evangelisti (Matteo, Marco e Luca detti sinottici) descrivono il Battista come il precursore del Messia e raccontano la sua predicazione e attività fino al battesimo che lui amministra a Gesù; l’evangelista Giovanni invece focalizza l’attenzione sulla testimonianza che il Battista rende a Gesù. “Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui” (vv 6-7). Il Precursore viene descritto innanzitutto nella sua realtà umana senza indicare alcuna appartenenza religiosa e sociale. È mandato da Dio come testimone attendibile di Gesù perché tutti possano credere. Forte testimonianza quella di Giovanni, ancora attuale per noi oggi se sappiamo riconoscerlo così senza farci distrarre da tanti improvvisati predicatori e falsi testimoni che non mancano ai nostri giorni. E si precisa l’identità del Battista e di nuovo la sua missione “Non era lui la luce, ma doveva rendere testimonianza alla luce” (v 8). E Giovanni Battista inizia a parlare in prima persona: qui il lettore rimane colpito dalle molte cose che egli dice di non essere. Non è il Cristo, perché lo è Gesù. Non è Elia e non è il profeta (cfr vv 20-21). Il Battista rifiuta i ruoli che le folle, attratte dalla sua persona e dalla sua predicazione, gli volevano attribuire e che rappresentavano le attese del popolo ebraico. Certo era una figura profetica e carismatica con molto seguito e risonanza: sarebbe bastata una sua parola e tutti avrebbero creduto in lui e l’avrebbero seguito. Ma lui non vuole attirare su di sé l’attenzione e l’interesse, non propone sé stesso, non vuole che si guardi a lui ma solo a Gesù e soltanto Gesù. Per questo afferma di essere “voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore” (v 23). Lui non è il più importante, è solo la voce che si sente, si ascolta e passa mentre Gesù è la Parola che viene e che resta per sempre. Diventa pertanto indispensabile preparare la venuta del Signore ravvedendo noi stessi per poterlo accogliere, prendendo le distanze dal male che è dentro di noi e fuori di noi. In Giovanni nessun protagonismo, nessuna volontà di occupare il centro, di stare in mezzo. È un posto che va riservato solo al Signore. E anche quando i suoi interlocutori lo incalzano chiedendogli “Perché dunque battezzi, se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?” (v 25), egli risponde con franchezza “Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo” (v 27). Ecco spiegato da Giovanni il significato del suo battesimo: è un’immersione nell’acqua, è solo un segno, un gesto che prepara un altro battesimo, quello definitivo, che sarà dato da Colui che egli annuncia e precede. Giovanni sa che Gesù è presente ma i suoi interlocutori non lo conoscono e si premura di annunciare loro che verrà dopo lui. Inoltre non si ritiene nemmeno degno di compiere per Gesù il sevizio riservato allo schiavo: togliere i sandali. Impariamo dalla grande grande umiltà di Giovanni a vivere nell’umiltà! Impariamo a riconoscere Gesù in mezzo a noi! Impegniamoci a preparare la sua venuta. Chiediamoci se, come Giovanni, siamo testimoni autentici del Signore capaci di trasmettere alle persone che incontriamo la gioia del Vangelo, la bella notizia che è Gesù, il solo che può donarci la salvezza e riempire il cuore e la vita dell’uomo.