Durezza del cuore e fiducia del bambino
L’odierno brano evangelico è costituito da due episodi: nel primo Gesù è alle prese con i farisei (Mc 10,2-12) e nel secondo con i bambini (Mc 10,13-16). “In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito ad un marito ripudiare la propria moglie” (v 2). I farisei per tendere un tranello a Gesù e trovarlo in fallo lo interrogano su un argomento spinoso e controverso: la liceità o meno del ripudio della moglie. Egli anziché rispondere controinterroga i suoi interlocutori: “Che cosa vi ha ordinato Mosè? Dissero: Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla” (vv 3-4). I farisei fanno riferimento al libro del Deuteronomio (cfr 24,1): il marito poteva ripudiare la moglie e consegnarle l’atto di ripudio che aveva la finalità di tutelare e difendere la donna così da non esporla al disprezzo pubblico e consentirle di rifarsi una vita. Ora Gesù non entra nella casistica dei motivi gravi o banali che consentivano il ripudio ma afferma “Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma” (v 5). Il Signore qui evidenzia il motivo per cui è stata scritta la Legge mosaica: la “durezza di cuore” pertanto quella norma è da intendersi come una concessione che viene incontro alla debolezza dell’uomo così da limitare i danni che può provocare se lasciato in balia del suo egoismo. E Gesù continua “Ma dall’inizio della creazione (Dio) li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto” (vv 6-9). Il Signore passa dalla Legge alla Creazione. Egli vuole risalire al progetto originario di Dio, custodito nel libro della Genesi, dove viene dichiarata l’unione d’amore tra l’uomo e la donna e la fedeltà reciproca. In tal modo il matrimonio è sacro e indissolubile, segno dell’unione e della fedeltà di Dio con ogni persona e con l’intera umanità. Mentre i farisei riducevano il matrimonio a una questione giuridica Gesù lo riporta al suo fondamento e al suo valore più profondo in cui Dio stesso è coinvolto. E l’amore che fa diventare due persone “una sola carne” è un cammino di comunione intima tra i due che deve certo mettere in conto ascolto e comprensione, pazienza e sopportazione, perdono e accoglienza, attenzione e sostegno, sacrificio e dono totale di sé… E quando nonostante tanti sforzi c’è una divisione e un fallimento impariamo, come ci ha insegnato Gesù, a non giudicare o condannare con l’arroganza di chi si considera a posto ma dimostriamo sempre misericordia e vicinanza sapendo che nella Chiesa permane, laddove ci siano le condizioni, una possibilità di ricominciare. L’argomento affrontato da Gesù con i farisei diventa motivo per i discepoli di continuare la discussione a casa (cfr v 10) dove il Signore afferma “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio” (vv 11-12). Mentre la Legge mosaica affermava che il ripudio era un atto unilaterale dell’uomo nei confronti della moglie ora Gesù mette l’uomo e la donna sullo stesso piano di parità e responsabilità dei propri atti. “Gli presentarono dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso” (vv 13-15). Il riferimento ai bambini è alquanto significativo. Riguarda sia la coppia che ogni persona dal momento che il Regno di Dio è per tutti. I bambini si fidano in tutto e per tutto dei genitori e per questa fiducia sono modello di accoglienza del Regno. Perciò impariamo a superare la “durezza del cuore” e ad avere, come il bambino, una fiducia incondizionata nel progetto d’amore di Dio. Allora potremo entrare nel suo Regno.