Gesù la vera vite e noi i tralci
In questa V domenica di Pasqua la liturgia ci propone un brano tratto dal capitolo 15 del vangelo di Giovanni (vv 1-8). Il testo si apre con una solenne presentazione da parte di Gesù: “Io sono la vera vite e il Padre mio è l’agricoltore” (v 1). Nell’Antico Testamento l’immagine della vigna indicava il popolo d’Israele, vigna che Dio aveva piantato, amato e curato ma che spesso non portava i frutti tanto attesi. Qui invece si introduce una novità: Gesù dicendo “Io sono” afferma la sua divinità in quanto applica a sé il nome di Dio rivelato a Mosè (cfr Es 3,14) e definisce sé stesso come “la vera vite” cioè quella unica e autentica perché porta a compimento il progetto di Dio per la salvezza dell’umanità. Il Padre è l’agricoltore che continua ad amare la vigna, l’umanità intera e in Gesù, “vera vite”, agisce tagliando e potando: “Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto lo pota, perché porti più frutto” (v 2). I tralci sono innestati nella vite, il cristiano è innestato in Gesù. Le operazioni di tagliare e potare sono fatte in base al “portare” o “non portare frutto”. Cosa vuol dire “portare” o “non portare frutto”? Non significa solo compiere delle opere buone o cattive ma fa riferimento a molto di più, a ciò che sta nel profondo dell’uomo: alla vita divina che è in noi. Perciò “portare” o “non portare frutto” è conformarsi o meno a questa vita divina, lasciarsi plasmare da essa, permettere che operi in noi così che traspaia nel nostro vivere e nella nostra quotidianità, formi in noi uno stile di vita secondo Dio e il nostro fare ne sia l’espressione. Si tratta allora di lasciarsi amare da Dio e amare i fratelli. E Dio “taglia” chi “non porta frutto” e “pota” cioè purifica chi porta frutto perché ne porti di più. Questa purificazione avviene mediante la Parola del Signore che cambia la vita dell’uomo. Infatti Gesù dice ai suoi discepoli: “Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato” (v 3). La parola che Egli ha annunciato è l’amore di Dio e l’amore per i fratelli che diventa servizio e carità. Quanto diventa urgente allora fermarsi sulla Parola di Dio e lasciare che entri nella nostra vita e la trasformi soprattutto oggi in cui siamo sollecitati e travolti da molte parole! “Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me” (v 4). Il verbo “rimanere” è particolarmente caro a Giovanni e indica uno stare con Gesù non breve e provvisorio ma un dimorare a lungo, una comunione intima. Ed è reciproco tra i discepoli e Gesù e Gesù e i discepoli e indispensabile per produrre frutto. E Gesù ribadisce “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla” (v 5). Gesù ci ricorda ancora chi è Lui e chi siamo noi e nel ribadire l’assoluta necessità di restare uniti a Lui per essere fecondi dichiara, in modo categorico, che senza di Lui l’uomo non può niente, anche il poco o tanto che fa non ha alcun valore. Anzi, si giunge a gravi conseguenze: “Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano” (v 6). Il non rimanere uniti a Gesù porta alla distruzione, a perdere la vita e la salvezza. “Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto” (v 7). Essere uniti a Gesù e custodire le sue parole sono la condizione indispensabile per poter chiedere e ottenere. Si chiede non per il proprio tornaconto o i propri interessi ma secondo il volere di Dio che è sempre per il nostro bene e per il bene di tutti. Allora saremo esauditi! “In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli” (v 8). La gloria del Padre si manifesta nel portare frutto, nel fare della nostra vita un dono d’amore per Dio e per i fratelli in virtù del legame con Gesù e nell’essere suoi discepoli cioè nel seguirlo per amore fino alla croce per risorgere con Lui a vita nuova.