Credere in Gesù, amarlo e fare la verità
“Rallegrati Gerusalemme”: le prime parole dell’Antifona d’ingresso di questa quarta domenica di Quaresima la definiscono domenica “Laetare”. Una domenica di gioia e di letizia, perché l’evento pasquale è più vicino e soprattutto perché viene annunciato l’amore infinito di Dio per tutti. Il vangelo odierno (Gv 3,14-21) riporta una parte del dialogo tra Gesù e Nicodemo. Questi era uomo stimato e rispettato, colto e conoscitore della Scrittura, appartenente al gruppo dei farisei e membro del Sinedrio. Non aveva ancora capito bene chi fosse Gesù: ne aveva certo sentito parlare, sapeva che era venuto da Dio come Maestro e voleva da Lui delle risposte su argomenti importanti come la verità, Dio, la morte e l’aldilà. Decide quindi di incontrare Gesù di notte, per non farsi vedere dagli altri farisei e per non compromettersi. E Gesù gli dice: “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (vv 14-15). Gesù ricorda qui un episodio della storia del popolo di Israele, narrato nel libro dei Numeri. Dio ordinò a Mosè di innalzare sopra un’asta un serpente di bronzo perché, chiunque era morso da serpenti, guardandolo venisse guarito (cfr Nm 21,8-9). Questa immagine Gesù la applica a sé. Il verbo “essere innalzato” indica il momento della sua crocifissione e morte. È necessario che Gesù sia innalzato sulla croce perché l’uomo sia salvo. La croce è dunque segno di salvezza. Lascia sgomenti ed è difficile anche per l’uomo di oggi credere che proprio là, sulla croce, dove Gesù è annientato dal male dell’uomo si realizzi la salvezza. Gli israeliti erano salvi guardando il serpente di bronzo, recuperavano la salute fisica prolungando così per un po’ di tempo la loro vita mentre Gesù dona molto di più: a chi crede in Lui crocifisso e risorto dà la salvezza e una vita che è per sempre. E il fondamento della croce è l’amore di Dio per il mondo cioè per l’umanità, un amore senza limiti: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui” (vv 16-17). Gesù vuol far comprendere a Nicodemo, e a noi, che Dio è innanzitutto amore e tutto ciò che ha fatto lo ha fatto esclusivamente per amore. Non si ama se non si è disposti a donare tutto. E Dio ha donato tutto, ha donato suo Figlio non per la nostra condanna ma per la nostra salvezza. Non passiamo troppo in fretta su questa realtà! L’amore di Dio è così forte e grande che non teme neppure le nostre infedeltà e la nostra misera fede. È un amore sconfinato e incondizionato per l’intera umanità e ha come unico obiettivo quello di offrire gratuitamente la salvezza a tutti. Questa salvezza è affidata però alla responsabilità dell’uomo chiamato a fare una scelta libera e consapevole, una scelta di fede o di incredulità che determina non solo nell’aldilà ma già ora, nel presente, la nostra salvezza o la nostra condanna. Infatti si legge “Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio” (v 18). Gesù poi parla del giudizio in termini di luce e tenebre (cfr vv 19-21). Esso non è legato a una prospettiva morale, a una serie di precetti o regole da osservare ma all’amore per Gesù, luce venuta nel mondo. Chi ama le tenebre più della luce cioè più di Gesù, odia la luce, compie il male e resta nelle tenebre. Chi invece “fa la verità” vale a dire la compie e non semplicemente la conosce, la rende concreta operando il bene e cammina verso la luce. E le sue opere di bene testimoniano che sono fatte in Dio. Fede in Gesù, amore per Lui e opere di bene accompagnino il cammino di questa settimana di Quaresima. Non solo ma sentiamoci impegnati anche ad esaminare la nostra coscienza per ben discernere se viviamo nella luce dell’amore di Cristo o nelle tenebre del male e dell’egoismo.